Come noto, la riforma del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. 14/2019 ha introdotto alcune novità anche per l’acquisto da impresa costruttrice di immobili in costruzione, andando infatti ad apportare modifiche agli artt. 3-4-5-6 del D.Lgs. 122/2005 in materia di tutela patrimoniale degli acquirenti di immobili da costruire.
Fra l’altro, è stato introdotto l’intervento obbligatorio del Notaio al momento della stipula del contratto preliminare: infatti, i contratti preliminari aventi ad oggetto immobili da costruire dovranno essere obbligatoriamente stipulati davanti ad un Notaio nella forma di atto pubblico ovvero della scrittura privata autenticata. E’ stato altresì previsto che, qualora il contratto sia stipulato in qualsiasi altra forma e quindi senza l’intervento del Notaio, la sanzione prevista sia la nullità del contratto.
A ciò si va aggiungere l’ulteriore obbligo, di cui il Notaio da un certo punto di vista si fa “garante”, di indicare nel contratto preliminare gli estremi della fideiussione, nonché l’attestazione di conformità della fideiussione al modello “tipo” previsto da apposito Decreto ministeriale.
Il preliminare così stipulato (atto pubblico/scrittura autenticata) a maggior tutela dell’acquirente, è soggetto a trascrizione, introducendo quindi una forma di prenotazione dell’acquisto dell’immobile opponibile ai terzi, in forza degli effetti “prenotativi” previsti dall’art.2645-bis C.c.
Ma di cosa si tratta, quando si parla di un “immobile da costruire”?
Or bene, il primo elemento a cui si deve far riferimento è l’Art. 1) lettera d) del D.Lgs.122/2005, secondo cui si intendono “immobili da costruire” quelli immobili “per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire (11) e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità”.
Tuttavia tale definizione sin da subito non è apparsa esaustiva ed ha infatti ingenerato dubbi interpretativi.
L’obbiettivo della normativa a tutela degli acquirenti di un immobile cd. “in costruzione” era quello di fornire maggiori garanzie a chi volesse impegnarsi all’acquisto quando esso fosse ancora in una fase “in evoluzione” al momento della stipula del contratto preliminare: si tratta cioè di un immobile facente parte di un fabbricato interessato da una attività costruttiva ad opera dell’impresa costruttrice/venditrice che non è ancora completata ed anzi proseguirà ben dopo la stipula del preliminare avente ad oggetto la singola unità immobiliare. Un fabbricato che viene descritto nel contratto con specifiche caratteristiche (tipologia, impianti, materiali, finiture, ecc.) di cui si è tenuto conto per la determinazione del prezzo, ma la cui costruzione richiede ancora l’esecuzione di interventi edificatori da parte del venditore/costruttore: in sostanza, l’immobile è “venduto sulla carta”.
A ben vedere, la normativa di cui al D.Lgs.122/05 non si applica invece nei casi in cui oggetto della compravendita sia un immobile ancora da costruire ma che è “trattato” e quindi dedotto in contratto nello stato in cui si trova e senza esser tenuto il venditore ad ultimarlo: è il caso, per esempio, di una struttura venduta “al grezzo” della quale sia stata eseguita solo la costruzione della prima soletta e di cui si pattuisce la vendita nello stato in cui in quel momento si trova, con prezzo ragguagliato al valore della sola parte edificata e senza che il venditore assuma alcun obbligo di completamento dell’edificio.
Alla luce della sopra citata definizione riportata nell’Art.1 D.Lgs.122/05 possono essere considerati “immobili da costruire” gli immobili il cui stadio costruttivo risulti essere successivo alla richiesta del permesso di costruire (rientrando anche in questo caso l’avvenuta presentazione della D.i.a. alle condizioni dell’Art.. 22 terzo comma D.P.R. 380/2001) ma comunque antecedente al completamento delle opere ed alla presentazione della richiesta di rilascio del certificato di agibilità.
Sono conseguentemente esclusi dalla disciplina di tutela:
- gli edifici di cui non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire o altro titolo/pratica abilitativi presso i competenti Uffici Comunali;
- gli edifici per i quali sia già stato richiesto il rilascio della certificazione di agibilità.
Si rammenta inoltre che per “immobile da costruire” il legislatore non si limita ad intendere i soli edifici da costruire “ex novo” su terreno prima non edificato, bensì fa rientrare anche i casi in cui la “ristrutturazione edilizia” di un edificio preesistente sia drastica e radicale.
Si deve però trattare di interventi di ristrutturazione rientranti nella disciplina degli artt. 3 primo comma lett. d) e 10 primo comma lett. c) del D.P.R. 380/2001 (Testo Unico in materia edilizia) e cioè di interventi “rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere” e che “portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso da quello precedente e che comportino aumento di unità, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero se in zona A mutamento della destinazione d'uso”.
Deve trattarsi, in particolare, di interventi complessi, incidenti sugli elementi tipologici, strutturali e formali del fabbricato, tali da determinare una vera e propria “trasformazione” dell’edificio preesistente, in relazione alla quale, una volta ultimata la radicale ristrutturazione, sarà necessario il rilascio di nuova certificazione di agibilità (ai sensi art. 1 D.Lgs.122/05).
Restano quindi esclusi i casi di ristrutturazione di lieve entità, in cui non si modificano gli elementi strutturali o la destinazione d’uso del fabbricato, né si aumentano o comunque si modificano le unità, limitandosi esclusivamente alla modifica della distribuzione interna delle singole unità immobiliari, con spostamento soltanto dei muri interni (cd. tramezzi) e la variazione degli spazi interni e delle finiture, senza modifiche di volumi, di sagoma, di prospetto.