Sezioni unite della Cassazione: no agli usi esclusivi delle parti comuni

È di recentissima pubblicazione (17/12/2020) la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 28972, intervenuta a dirimere una questione su cui si dibatte da decenni, sul tema della legittimità o meno degli usi esclusivi su parti comuni condominiali, quali diritti reali trascrivibili, di carattere perpetuo e trasmissibili. L’intervento delle Sezioni Unite, stante la rilevanza del problema ed i rilevati contrasti giurisprudenziali e dottrinali, era stato sollecitato da una ordinanza della seconda sezione della Corte di Cassazione (n. 31420 del 2019), che aveva evidenziato la necessità di risolvere in modo radicale ogni questione relativa alla legittimità ed alla natura del diritto di uso esclusivo su parti comuni condominiali.

Si tratta, per meglio intenderci, della prassi, soprattutto notarile, diffusa da decenni, di caratterizzare il cosiddetto “uso esclusivo” di parti condominiali quale diritto perpetuo e trasmissibile, di contenuto pertanto reale e non strettamente personale, conseguentemente collegando la facoltà di usare una parte condominiale individuata a favore non di un soggetto, bensì della porzione di proprietà individuale, con rapporto pertinenziale, senza limiti temporali.

La decisione assunta, di estrema rilevanza alla luce della ampia diffusione e frequenza di tali attribuzioni di parti condominiali in uso esclusivo a favore di proprietà singole, ne ha negato il carattere di diritto reale e sostanzialmente la validità, esprimendo il seguente principio di diritto:
"La pattuizione avente ad oggetto la creazione del c.d. "diritto reale di uso esclusivo" su una porzione di cortile condominiale, costituente come tale parte comune dell'edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, tale da incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall'art. 1102 c.c., è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del numerus clausus dei diritti reali e della tipicità di essi".

È ovvio che tale decisione ha un effetto quasi deflagrante nel diritto condominiale e immobiliare in generale, creandosi nell’immediato comprensibili e grandi problemi non solo per la definizione dei diritti nelle nuove costruzioni, ma anche e soprattutto per la commercializzazione di unità immobiliari esistenti e facenti parte di condominio, alle quali sia stato attribuito nell’atto di provenienza il diritto esclusivo di uso di una o più parti condominiali.

La motivazione di detta sentenza è molto articolata e diffusa, in questa sede si ritiene opportuno riportarne solo in estrema sintesi alcuni tratti salienti.

Sostanzialmente, per le Sezioni Unite della Corte:

  • il c.d. “diritto reale di uso esclusivo” di parti condominiali è incompatibile con la norma dell’art. 1102 c.c. costituendo, per quanto riguarda gli altri condomini, nella sostanza un illegittimo divieto generalizzato di utilizzare una porzione della loro proprietà comune, svilendo il loro diritto;
  • il diritto di uso esclusivo neppure può essere inquadrato tra le servitù, per motivi simili, in quanto un diritto di godere in modo generale e totale del fondo servente (la parte condominiale attribuita in uso esclusivo) a favore del fondo dominante (la parte di proprietà esclusiva a cui detto diritto sia attribuito) determinerebbe lo svuotamento della proprietà nel suo nucleo fondamentale; in altre parole, la decisione esprime il concetto che la costituzione di una servitù ben possa comportare una restrizione delle facoltà di godimento del fondo servente per il suo proprietario (in questo caso comproprietario - condomino), ma mai una sua “totale elisione delle facoltà di godimento”.
  • sul tema della trascrizione, viene posto in evidenza come l’art. 2643 c.c. contenga una elencazione tassativa dei diritti reali soggetti a trascrizione e che non rientri nell’autonomia delle parti private di costituire diritti reali al di fuori di quelli tassativamente previsti dalla legge;
  • le “obbligazioni propter rem” e gli oneri reali sono caratterizzati dal requisito della tipicità e possono quindi sorgere per contratto solo nei casi e col contenuto espressamente previsti dalla legge.

Le Sezioni Unite pervengono quindi, sulla base di tali considerazioni, a pronunciare il richiamato principio di diritto, annotando che resta riservata al legislatore la facoltà (che, n.d.r., potrebbe essere auspicabile nella situazione attuale, al fine di risolvere le problematiche e scongiurare l’insorgere di ampi e numerosi contenziosi negli ambiti condominiali e di commercializzazione degli immobili) di “dar vita a nuove figure che arricchiscano i tipi reali normativi”; in altre parole, che solo per legge e non per l’autonomia privata può essere introdotto un nuovo diritto reale.

Per quanto riguarda l’esistente, l’indirizzo delle Sezioni Unite è di procedersi ad esaminare caso per caso e verificare se, nel concreto e in realtà, al momento della costituzione del condominio e del diritto in contestazione, veramente si sia inteso attribuire al condomino/acquirente solo l’uso esclusivo della porzione e non invece la proprietà della porzione (con tutti i conseguenti problemi, non ultimo il frazionamento catastale delle parti comuni, oltre che ovviamente il regolamento e la formalizzazione dei rapporti con gli altri condomini), ovvero se si sia inteso, al contrario, costituire un diritto reale d’uso di cui all’art. 1021 c.c., che però, per legge, non si può né cedere né dare in locazione ed ha una durata massima che (come l’usufrutto) non può eccedere quella della vita del titolare.

Si intende, con la presente, dare una prima informativa su questa importantissima novità giurisprudenziale, riservando al prosieguo più approfondita analisi e indicazioni anche operative.